Rileggendo un post su
MedBunker, mi è venuto da ripensare a una ormai vecchia questione legale, che mi aveva incuriosito. Tutto nasce dal fatto di commercializzare un prodotto che non contiene quello che dichiara di contenere.
Ricordo di quando in Italia, una quindicina di anni fa, arrivò una nuova marca di carta igienica di alta fascia (noi agenti dello SMOM abbiamo il deretano delicato), la Cottonelle. Dopo qualche mese dalla commercializzazione, dovettero cambiare il marchio, in quanto il tribunale aveva deciso (una decina di anni prima, a onor del vero) che era un marchio ingannevole, in quanto induceva il consumatore a pensare che all'interno vi fosse del cotone, e avevano respinto il ricorso, nonostante lo stesso marchio sia commercializzato negli USA e in altri paesi membri della UE. Per dovere di cronaca, dopo un breve concorso tra i suoi acquirenti, la ditta ha cominciato a commercializzare il prodotto chiamandolo Scottonelle e sostituendo il batuffolo di cotone con cui si accarezzava la donna del marchio, con qualche strappo di carta igienica.
So che sembra assurdo, ma è esattamente così. In Italia il consumatore viene tutelato: non si possono vendere prodotti che lascino intendere che contengano ingredienti o componenti che in realtà gli sono estranei. Per questo, possiamo supporre che l'Orzo Bimbo contenga tracce di bambino, che i Galletti siano biscotti con dentro pollame, che gli Oro Saiwa possano essere fusi in lingotti e che la mozzarella Santa Lucia contenga reliquie religiose. O forse in questi prodotti non c'è un messaggio ingannevole, perché nessuno crederebbe mai che si possano
mangiare i bambini, o che si possano fare
prodotti da forno contenenti pollame, o che la
gente possa ingerire metalli preziosi o ancora che si possa, per qualche motivo,
mangiare il corpo e il sangue di qualche personaggio religiosamente rilevante. Mentre invece è NORMALE pensare che la carta igienica sia fatta con strati di cotone...
Vabbè, il sassolino che tenevo nella scarpa da anni per l'idiozia di questo provvedimento, me lo sono tolto, posso tornare al dunque.
Visti i precedenti, sembra esserci una legge tesa ad impedire che un prodotto vanti di contenere sostanze che in realtà non contiene, ma viene "liberamente interpretata". Quindi, non è detto che venga ritenuto "fazioso" dare come nome ad un prodotto omeopatico, una sostanza che non è presente nemmeno nell'elenco dei componenti.
In particolare, per quanto riguarda l'oscillococcinum, non c'è nemmeno la possibilità di dimostrare l'assenza di tale sostanza dal prodotto, se non ho capito male cosa l'oscillococcinum è: aria. E nemmeno fritta.
Sul serio, se il prodotto non è confezionato sottovuoto, allora, per assurdo, non si può sostenere che l'oscilococcinum (aria) non ci sia. Si potrebbe, però, cavillare sul fatto che non è indicata la sua presenza, quantità e composizione nella lista ingredienti e che in effetti la diluizione indicata è errata, in quanto, ogni volta che si svuota il contenitore per riempirlo con altra acqua, si riempie il contenitore di oscillococcinum puro.
Boh, saranno pure minkiate, ma mi premeva dire la mia. Soprattutto sul fatto che qui si parla di "aria omeopatica", credo il non plus ultra dell'inconsistenza di queste teorie.
Ora vado a bere un caffè, ricordandomi di agitare bene la bustina di zucchero: sai mai che per i principi omeopatici l'aria mischiandosi allo zucchero mi preservi dall'influenza...